LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa promossa in
appello  con ricorso il 29 dicembre 2005 da B. L. in proprio e per il
figlio  minore B. n. col dom. in Venezia presso la cancelleria civile
della  Corte  di  appello e col patrocinio dell'avv. Marco Della Luna
del  foro  di  Mantova  per  mandato  in calce al ricorso in appello,
appellante,  contro  P.  A.  col dom. in Venezia presso l'avv. Sandro
Fattoretto  e  col  patrocinio  dell'avv.  Albino  Lacava del foro di
Treviso  per  mandato  a  margine  della  comparsa  di costituzione e
risposta  in  appello,  appellato; e con l'intervento del sig. P. G.,
intervenuto.
    Oggetto:  Riforma  della  sentenza del 4 agosto 2005, n. 124/2005
del Tribunale dei Minorenni di Venezia.
    In   punto:   revoca  adozione  ex  art. 44,  lettera  b),  legge
n. 183/1984 - minore B. N.
    Causa trattata all'udienza del 17 marzo 2006.

                             Conclusioni

    Il Procuratore dell'appellante ha cosi' concluso:
        Dir   nulla,  irrita,  inefficace  l'impugnata  sentenza;  in
subordine, a totale riforma della medesima, respingere il ricorso del
P.  accogliendo  le domande del deducente e in ogni caso revocando il
provvedimento   provvisorio  di  affidamento  a  al  P.  e  ordinando
l'immediata restituzione del minore al padre.
        Spese rifuse.
    Il Procuratore dell'appellante ha cosi' concluso:
    Voglia  l'on.le Corte di appello di Venezia, ai sensi della legge
n. 183/1984:
        1.  -  confermare  integralmente  la  sentenza di primo grado
impugnata,  per  i  motivi  sopra  esposti,  con  conseguente rigetto
integrale dell'appello di controparte;
        2. - nel caso in cui non si ritengano sussistenti i requisiti
per  l'adozione  in casi particolari, trasmette d'ufficio al p.m. gli
atti   del  presente  procedimento  affinche',  considerati  i  gravi
inadempimenti  sopra  descritti  commessi dal genitore in merito agli
obblighi  di mantenimento economico ed affettivo, anche nei confronti
degli  altri figli ora maggiorenni, voglia provvedere a richiedere la
decadenza del sig. B. L. dalla potesta' genitoriale sul figlio minore
B.  n. provvedendo,  nelle  more,  all'affidamento dello stesso n. al
sig. P. A.;
        3. - spese, diritti ed onorari di lite rifusi.
    Il sig. p.g. ha cosi' concluso:
        Si chiede la conferma della sentenza.

                              F a t t o

    Con  ricorso  depositato  l'8 settembre 2004, avanti al Tribunale
per  i  Minorenni  di  Venezia P. A. esponeva che in data 21 febbraio
2004  egli aveva contratto matrimonio con n. D. che gia' da otto anni
con  lui conviveva unitamente ai figli B. F. e n. nati dal precedente
matrimonio con B. L., di cui era stata dichiarata la cessazione degli
effetti  civili  dal  Tribunale  di  Treviso  datata  16 gennaio 2003
depositata  il  6 maggio  2003; che la separazione consensuale tra la
n. ed  il  B.  era  avvenuta  nel 1996 anche se di fatto era iniziata
nell'ottobre  1994; che sia il ricorso di separazione consensuale sia
la  sentenza  di  cessazione  degli  effetti  civili  del  matrimonio
prevedevano  l'affidamento dei figli alla madre e l'obbligo del padre
a  concorrere  nel  loro  mantenimento, mentre B. L. non vi aveva mai
ottemperato,  tralasciando  di curare anche il rapporto affettivo con
essi ed in particolare con n. nato il 3 settembre 1992, limitandosi a
pochi  incontri con il figlio minore nonostante la previsione del suo
diritto  di  visita  sia  nella  separazione  sia  nel  divorzio; che
pertanto  N.,  dall'eta' di due anni, aveva prima vissuto solo con la
madre e poi, dal 1996 con la nuova famiglia composta, oltre che dalla
madre  e  dal  fratello maggiore F., anche da esso ricorrente; che il
18 agosto  2004  n. D.  era  morta  a  seguito  di una grave malattia
iniziata  ancor  prima  del  matrimonio;  che  la  N.,  nonostante la
malattia  gia'  in  atto,  poco  dopo  il  divorzio  aveva  voluto il
matrimonio con il ricorrente per tutelare al meglio i figli, che esso
ricorrente  aveva sino ad allora seguito e mantenuto come propri; che
era  interesse  primario  continuare  a  vivere nell'habitat attuale,
presso la famiglia dello stesso sempre conosciuta, vale a dire quella
costituita  da  esso  ricorrente,  dal  fratello  F.  e dalla sorella
maggiorenne B. F. anch'essa andata a stare in tale nucleo.
    Tanto  premesso,  P.A., affermando l'esistenza dei presupposti di
legge  e l'irrilevanza dell'eventuale dissenso del padre biologico B.
L.,  chiedeva  l'adozione  del  minore  B.  n. ai sensi dell'art. 44,
lettera b), legge n. 183/1984.
    Il  Tribunale  per  i  Minorenni  di  Venezia,  con provvedimento
temporaneo  ed  urgente  pronunciato  in  data  10 settembre  2004, a
seguito  di  istanza  urgente del ricorrente, ritenuta la sussistenza
del  fumus  boni  iuris  e della stabilita' di relazioni, di rapporti
scolastici  e  di  luoghi  abitativi e che vi era urgenza di decidere
perche'  il  padre  aveva manifestato la volonta' di avere con se' il
figlio, affidava il minore B. n. a P. A.
    Il  padre  del  minore B. L. costituitosi in giudizio con memoria
depositata  il  6 ottobre 2004, chiedeva il rigetto del ricorso ed il
rientro  immediato  del  figlio  minore presso di se'. Il resistente,
affermando  di  avere  sempre avuto un ottimo rapporto con il figlio,
lamentava  l'appropriazione  di quest'ultimo da parte del ricorrente.
Dopo la morte della madre, infatti, egli aveva inutilmente chiesto la
consegna del minore, anche presentandosi presso la scuola frequentata
da n. ottenendo sempre un rifiuto.
    B.  L.,  inoltre,  nella  memoria  depositata il 25 ottobre 2005,
ribadiva   le  conclusioni  gia'  prese  e  chiedeva  la  revoca  del
provvedimento  provvisorio,  eccependo  in primo luogo, il difetto di
legittimazione  in  capo al ricorrente, atteso che l'art. 44, lettera
b), legge n. 183, 1984 presuppone che il ricorrente sia il coniuge di
uno  dei  genitori  del  minore  che s'intende adottare mentre, nella
fattispecie, il P. non aveva tale qualifica, in quanto mero vedovo di
n. D.  la cui morte aveva sciolto il matrimonio; l'insussitenza, poi,
dei  presupposti per farsi luogo all'adozione, ovvero il consenso del
genitore  esercitante la patria potesta' sul minore, che il B. negava
ai  sensi  e per gli effetti di cui all'art. 46, secondo comma, legge
n. 183/1984;  B. L. faceva a tal proposito presente che mai era stato
sospeso  o  caducato dalla potesta' genitoriale sul figlio N., ragion
per  cui, in qualita' di unico genitore in vita la sua potesta' sullo
stesso  era  piena,  nonostante  l'esercizio  di  fatto  gli  venisse
illegittimamente impedito dall'atteggiamento ostativo del P.
    Le  parti  venivano  sentite personalmente dal giudice delegato e
ribadivano il contenuto dei rispettivi ricorsi e memorie.
    Venivano   altresi'   sentiti   personalmente   i   due  fratelli
maggiorenni  di  B.  n. B. F. e F., i quali si dichiaravano d'accordo
con   la   richiesta   di   adozione  svolta  da  P.  A.  ritenendola
nell'interesse del fratello minore.
    Veniva  sentito  infine  il  minore  B. n. che pure dichiarava il
proprio   desiderio  di  essere  adottato  dal  ricorrente,  con  lui
convivente  da molto tempo. Quanto alla richiesta del padre biologico
il  minore  la  rifiutava,  rappresentando  che  B. L. non si era mai
interessato  veramente  a lui e a sua madre quando era in vita, anche
nel periodo della malattia di quest'ultima.
    Sentito  il  parere  del  pubblico  ministero, che concludeva per
l'accoglimento   del  ricorso,  la  controversia  veniva  portata  al
Collegio   per   la   decisione   ed   infine   decisa  con  sentenza
4 agosto-8 maggio  2005,  n. 124,  con  cui  il  Tribunale dei Minori
dichiarava  farsi  luogo  all'adozione del minore B. n. di anni 13 da
parte  di P. A., ritenuta la di lui legittimazione, anche se vedovo e
non  piu'  coniuge, quale coniuge superstite della madre del bambino,
visto  che  la  morte  della  donna non aveva fatto cessare tutti gli
effetti  che la Legge riconosce al matrimonio in quanto espressamente
tutelati,  appunto, altre la morte stessa, quali quelli in materia di
successione  e  filiazione,  nonche'  di  adozione, laddove questa ad
esempio,  consentita,  dall'art. 25,  legge  n. 183/1984,  al coniuge
supersite quando l'altro sia morto durante l'affidamento preadottivo,
con  conseguente inserimento dell'adottato in una famiglia costituita
non  piu'  da  due,  ma  da  un  solo soggetto; il tribunale riteneva
inoltre  non  ostativa  all'adozione  specie  ex art. 44, lettera b),
legge  n. 183/1984  la  mancanza  di  assenso  da parte del B., padre
legittimo del minore, in quanto, se anche egli non era decaduto dalla
potesta'  sul  figlio,  tuttavia,  non  avendola di fatto esercitata,
venendo  meno  al  dovere di responsabilita' che l'istituto richiede,
non poteva essere ritenuto il genitore esercente la potesta', essendo
stata  ex  art. 155  cod. civ. solo la madre, fino alla morte, mentre
egli  pur  dopo  la  morte  della  moglie  divorziata, non aveva mai,
appunto,  esercitato  in  concreto  quei  poteri,  doveri e oneri che
integrano   l'esercizio   della   potesta'  genitoriale,  al  di  la'
dell'aspetto  biologico  ed  anche  della  titolarita'  formale della
stessa, siccome, poi, emerso in concreto dalle dichiarazioni di tutti
i  familiari  e dello stesso minore, i quali avevano affermato che il
B. erasi sempre disinteressato del figlio N.
    Avverso  tale  decisione  appellava,  quindi,  B. L., con ricorso
29 dicembre   2005,   chiedendo   che,   in   sua  riforma,  ove  non
pronunciatane  la nullita' per violazione di legge, fosse respinta la
domanda  del  P.  e fosse disposta l'immediata restituzione a lui del
minore,   previa   revoca  del  provvedimento  cautelare  di  affisso
temporaneo 10 settembre 2004, vinte le spese, all'uopo lamentando, in
rito, non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti del
minore  stesso,  quale  parte  necessaria,  e, nel merito, che il P.,
quale  vedovo  e  quindi  non piu' coniuge della defunta n. D., madre
dell'adottando,  non era legittimato ad agire, non potendosi la norma
anteporre  in via cronologica od ostativa, siccome erroneamente aveva
fatto  il  Tribunale  per i Minorenni, trattandosi di norma speciale;
egli  poi  ribadiva che, in ogni caso, non avrebbe potuto farsi luogo
all'adozione  in mancanza del suo consenso, non essendo revocabile in
dubbio ch'egli fosse il genitore esercente la potesta' sul minore, e,
come  tale,  titolare  del diritto ad opporsi all'adozione in parola,
posto  che  la  n. era morta il 12 agosto 2004, ed il Tribunale per i
Minorenni  lo  aveva  privato,  in  sostanza,  ma  pur  sempre in via
provvisoria,  di  ogni potere sul bambino solo dal 10 settembre 2004,
onde,   stante   la   sua   formale  titolarita'  di  detta  potesta'
genitoriale, la mancanza del suo consenso doveva ritenersi senz'altro
ostativa  alla erroneamente disposta adozione, anche tenuto conto, in
fatto,  ch'egli  non  erasi  disinteressato del minore e se non aveva
potuto  piu'  efficacemente esercitare i suo poteri/doveri nei di lui
riguardi, cio' era ascrivibile solo all'opposizione del P. e dei suoi
familiari,   nonche'   dello   stesso   suo   figlio  N.,  il  quale,
presumibilmente   pressato   dai  conviventi,  si  era  rifiutato  di
frequentarlo dopo la morte della madre.
    Costituitosi,  il  P.  instava,  invece, pel rigetto del gravame,
vinte  le  spese  (ove non inammissibile lo stesso per nullita' della
modifica,  avvenuta  non  presso  il  domiciliatario attuale, come da
ricorso in prime cure, avv. M. Giacomazzi, ma presso l'avv. A Lacava,
non  domiciliato  ed  inoltre  per  tardivita',  essendo  la notifica
risalente  al 31 gennaio 2006, quando doveva essere eseguita entro il
30 gennaio  2006),  all'uopo ribadendo, in rito, non esservi nullita'
della  sentenza  per  violazione  del contraddittorio, laddove non e'
prevista  la  rappresentanza in giudizio dell'adottando, e ribadendo,
quindi,  nel merito, la propria legittimazione ad agire, posto che la
Legge,  non distingue tra coniuge vivo e coniuge morto e, d'altronde,
e'  prevista addirittura l'azione piena ex art. 25, legge n. 183/1984
in  favore  del vedovo, laddove, quindi, non havvi piu' una famiglia,
ma  un  solo soggetto superstite, quale adottante; mentre irrilevante
doveva  essere  giudicato  il mancato assenso del legittimo padre del
minore  adottando, laddove questi risultava non avere esercitato mai,
in  fatto,  e  quindi  in  modo  efficace  e  produttivo  di  effetti
giuridici,  la  potesta' parentale, in quanto, finche' in vita vi era
aveva  provveduto  la  defunta madre del bambino e d'altronde, subito
dopo  la di lei morte questi era stato affidato anche formalmente dal
Tribunale  per  i  Minorenni  ad  esso  P., senza, peraltro, che tale
affidamento  esclusivo  a  lui fosse mai venuto meno neppure nel mese
intercorso  tra  la  morte  della  n. ed  il  provvedimento cautelare
provvisorio;  fermo restando, infine, che il diniego doveva reputarsi
ingiustificato  ed  inefficace al fine di impedire l'adozione perche'
contrario  oggettivamente  all'interesse  dell'adottato, il quale non
solo  aveva  manifestato  la  precisa  volonta'  di  rimanere  con la
famiglia,  ormai acquisita stabilmente, ma risultava essersi inserito
in essa in modo definitivo, laddove, invece, i rapporti col legittimo
padre,  solo  sporadici  in un primo tempo, erano cessati affatto per
volonta' dello stesso minore, anche prima della morte della madre; in
via  subordinata,  infine, il P. instava per la rimessione degli atti
al  P.M.M.  per  l'avvio  dell'eventuale procedura di ablazione della
potesta' del B. sul figlio n. per l'inadempimento posto in essere dal
medesimo  in  ordine  agli  obblighi di mantenimento e assistenza del
bambino, con conferma dell'affidamento provvisorio gia' disposto.
    Interveniva  poi in causa il signor P. G., il quale pure con nota
10 marzo  2006,  concludeva  per  la  conferma del primo pronunciato,
vista  la ratio legis dell'azione speciale ex lege n. 183/1984, volta
all'inserimento  del  minore  nel contesto familiare adeguato anche a
prescindere,  quindi,  dalla  sopravvenuta  morte dei uno dei coniugi
adottanti,  mentre  non  rilevava  il  rifiuto del B., quale genitore
senz'altro  non  esercente  la  potesta' e fermo, infine, il concreto
interesse  del  minore  alla chiesta adozione, sia per la volonta' da
lui espressa, sia per la convivenza anche con gli altri fratelli.
    Sulla  scorte  delle  concolusioni  precisate  dalle  parti e dal
signor.  P.G.,  come  in  epigrafe,  la  causa  passava,  quindi,  in
decisione all'odierna udienza, dopo l'orale discussione camerale.

                            D i r i t t o

    Reputa  la  corte  di dover sospendere il giudizio con rimessione
degli atti alla Corte costituzionale perche' decida:
        a) sulla  questione  -  che  qui  si  solleva  d'ufficio - di
legittimita'  costituzionale  della norma di cui all'art. 44, lettera
b) della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui non consente
al  coniuge  sopravvissuto,  in  caso  di  morte  dell'altro coniuge,
genitore  del  minore  che s'intende adottare, di chiedere l'adozione
del  medesimo,  per  contrasto  col criterio di ragionevolezza di cui
all'art. 3 della Costituzione.
        b) sulla  questione  -  che  qui  si  solleva ex officio - di
legittimita'  costituzionale  della norma di cui all'art. 46, secondo
comma,  della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui esclude
che  il  tribunale  possa superare il diniego di assenso del genitore
del  minore  adottando,  quando questo genitore e' nel pieno possesso
della  potesta', quand'anche questo diniego sia contrario al primario
interesse  del  minore, per contrasto con gli artt. 2, secondo comma,
della  Costituzione,  ove  si  proclama  che la Repubblica protegge i
minori (rectius: l'infanzia e la gioventu).
    Rileva la difesa del reclamante che:
        a) alla  morte  della madre n. D. avvenuta il 12 agosto 2004,
la  potesta'  genitoriale e' automaticamente stata recuperata appieno
dal padre, il quale e' tornato nell'esercizio della piena potesta' in
forza  di  una  sua  vis espansiva del suo diritto, non essendovi nei
suoi  riguardi  mai  state pronunciate decadenze o compressioni della
potesta';  conseguentemente  il  figlio  n. doveva  essere affidato e
consegnato  a  lui, ed illegittimo era il provvedimento temporaneo ed
urgente di affidamento di n. al P. A., in data 10 settembre 2004;
        b) l'art. 44,  lettera  b),  L.  Adoz. parla espressamente di
coniuge.  Quando  il P. depositato la sua domanda di adozione in data
8 settembre 2004, il matrimonio con la n. era ormai sciolto per morte
della  stessa,  si'  che  il  P.  non  poteva  piu' qualificarsi come
coniuge;  conseguentemente  egli era carente di legittimazione attiva
nel chiedere l'adozione.
    Non   solo:  se  spetta  al  tribunale  valutare  se  il  rifiuto
all'assenso  all'adozione  da  parte  del  genitore  non esercente la
potesta'  e'  giustificato  o  meno,  nel  caso di specie il genitore
legittimo  esercitava  ormai appieno la potesta' giuridica, quindi il
suo  rifiuto  all'adozione  era  tranciante  (art.  46  L.  Adoz.), e
l'impedimento  di  fatto  frapposto  dal  P. a questo pieno esercizio
giuridico  doveva  essere  rimosso  dal  giudice,  e non favorito col
provvedimento provvisorio.
    Non   ritiene   questo   Collegio   di   poter  superare  in  via
interpretativa  -  come  invece  ha  fatto  il tribunale, il quale ha
ritenuto  che l'adozione non pienamente legittimante debba prevalere,
per  l'interesse  prioritario del minore N., sulle esigenze del padre
legittimo  B.  -  queste lineari argomentazioni giuridiche svolte dal
reclamante,  le  quali,  nella  non facile composizione delle avverse
esigenze,  si  scontrano con quello che appare essere l'interesse del
figlio,  il  quale  ha  si'  rilievo  costituzionale,  ma  non  viene
concretamente  protetto da norme che possano direttamente prevalere e
mettere nel nulla quelle invocate dalla difesa del B.
    Non  si  puo',  in  effetti,  scordare che esiste anche un figlio
adolescente, il cui interesse e' costituzionalmente riconosciuto come
primario,  nel senso che fra la tutela degli interessi degli adulti e
quella  dell'interesse  del  minore,  il centro di gravita' sta nella
tutela del preminente interesse del minore (art. 3 Conv. di New York,
20 novembre  1989,  resa  esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176,
comunicazione di entrata in vigore in Gazzetta Ufficiale n. 65/1992),
rispetto  al  quale  tutti  gli  altri  interessi restano subordinati
(Corte cost. 13 maggio 1998, n. 166).
    Sono bastate oggi poche domande mirate, fatte dal padre legittimo
B. per capire come il padre legittimo abbia con il figlio n. rapporti
quanto  mai  labili e non certamente intensi (nulla ha saputo infatti
dire sulle amicizie del figlio, sui suoi interessi attuali, sulle sue
aspettative).
    Dalla  stessa  rigida  invocazione  dell'applicazione delle norme
vigenti  che  riconoscono  all'unico  genitore ormai rimasto la piena
potesta'  genitoriale  (mai  il  padre  legittimo  ha  richiamato gli
interessi  del  minore,  mai  ha  spiegato  perche'  dovrebbe  essere
interesse   del   minore   tornare   a   vivere   con  lui  che  l'ha
sostanzialmente  negletto per tutti questi anni e che nulla sa di suo
figlio,  esigendo  semplicemente il B. la consegna del figlio perche'
la legge gli riconosce ormai l'esclusiva potesta' genitoriale) emerge
come  il  suo  reclamo  tende a soddisfare un suo personale interesse
egocentrico, giacche' non interessa allo stesso sconvolgere e rompere
l'equilibrio  che  il  minore  ha  ormai  raggiunto  nel nuovo nucleo
familiare.
    Dunque, il reclamante intende esercitare la potesta' come potere,
mentre  la  potesta' puo' essere esercitata solo come dovere, si' che
il  metro  di  valutazione e' solo l'interesse del minore, ed i figli
non possono formare oggetto di un diritto dei genitori.
  L'applicazione  letterale  delle norme (il padre e' diventato unico
genitore  ed  ha  recuperato  in  pieno  la potesta', si' che n. deve
soggiacere  alle  decisioni  dell'unico  esercente la potesta) appare
allora  contra  constitutionem,  perche'  la  Costituzione  non  puo'
giustificare una concezione della famiglia nemica delle persone e dei
loro  diritti  (cosi'  ha  gia'  affermato la Corte cost. 28 novembre
2002,  n. 494),  per cui questa concezione «totalitaria» che il padre
legittimo  ritiene  di  poter sostenere in base a un logico ma freddo
ragionamento  giuridico  non  puo'  avere diritto di appartenenza nel
nostro ordinamento.
    La  questione  allora  appare  rilevante perche' la lettera della
norma  (artt. 44  e  46 L. Adoz.) da' ragione all'interpretazione del
B.,  e  non  e'  superabile  attraverso  quello  che  apparirebbe  un
escamotage:   comprimere   ora,   come   suggerito  dalla  difesa  di
controparte,  la piena potesta' genitoriale del B., per impedirgli di
invocare a suo favore il disposto dell'art. 46 L. Adoz.
    Se  fino  ad  oggi  la  potesta'  paterna del B. non e' mai stato
compressa,  non  si  ritiene di poter risolvere oggi il problema come
suggerisce  il  P.  (apertura  di un procedimento a carico del B. per
condotta  pregiudizievole  nei  confronti  del figlio); e che meno si
puo'  vedere  il  provvedimento  impugnato (sempre come suggerisce la
difesa  del  P.) gia' un implicito provvedimento di sospensione della
potesta'  genitoriale da parte del tribunale per i minorenni. Quando,
infatti,  si parla di condotta pregiudizievole ai sensi dell'art. 333
c.c.  deve  intendersi  il  comportamento  di fatto, e non certamente
l'uso del diritto a proprio favore.
    Eppero',  la soluzione interpretativa imposta dalla lettera della
legge  si  scontra  con  quello  che  e'  stato  valutato in concreto
l'interesse  del minore all'adozione, sia valutando la situazione del
nucleo  familiare  in  cui  egli e' ormai da tempo ben inserito, dove
vivono  anche  i  due  fratelli  ormai  maggiorenni  di  n. dai quali
verrebbe  bruscamente  separato  qualora  venisse  accolto il ricorso
paterno, sia procedendo all'audizione dello stesso minore B. n. ormai
adolescente  e ben capace di discernimento, il quale ha confermato di
voler continuare a vivere nel nucleo P.
    E allora, appare che questo interesse preminente del minore possa
essere  superato  solo  previa pronuncia di incostituzionalita' delle
due dorme che, allo stato, impediscono a questo interesse prevalente.
    Il dubbio di costituzionalita' va, dunque, sollevato:
        a) per  l'art.  44,  lettera  b),  della legge 4 maggio 1983,
n. 184,  con riferimento all'art. 3 della Costituzione, apparendo non
ragionevole  che  il  successivo  art. 47  riconosca  la possibilita'
dell'adozione  non legittimante anche nell'ipotesi in caso in cui uno
dei  coniugi  decada  durante l'iter, e non abbia invece come analoga
finalita'  preminente  l'interesse  del  minore  all'inserimento  nel
contesto  familiare  a  lui  adeguato,  quando il coniuge-genitore e'
deceduto   pria  dell'inizio  dell'iter,  ancor  piu'  quando  questo
coniuge-genitore  aveva  gia'  manifestato  in  vita di voler seguire
questo   iter.   Ulteriormente   irragionevole   appare   il   limite
legislativo, quando anche nell'art. 25 della stessa legge n. 183/1984
si rimarca la prevalenza dell'interesse del minore, acconsentendo che
si  arrivi  all'adozione  quando  si  verifica  la morte del genitore
dell'adottando durante il periodo di affidamento preadottivo.
    E  l'irrazionalita'  di  tali  diverse  previsioni  per  casi  di
presentano  analoghi  si  evince  vieppiu'  ove  si  consideri che in
entrambe  le  situazioni si verifica l'ipotesi di un'adozione assunta
da  un  soggetto  singolo  (appunto  il  vedovo), e non da una coppia
genitoriale,  il  che  dimostra  ulteriormente  che dovrebbe sempre e
comunque prevalere l'interesse del minore;
        b) per  l'art. 46,  secondo comma, della legge 4 maggio 1983,
n. 184,  con  riferimento  agli artt. 2, ove si proclama la tutela di
ogni  personalita', e 31, secondo comma, della Costituzionale, ove si
proclama  che  la Repubblica protegge i minori (rectius: l'infanzia e
la  gioventu),  nella  parte in cui appare incoerente col sistema che
privilegia  la  protezione  dell'interesse  del  minore  (Corte cost.
20 luglio 1990, n. 3419) ancorarsi invece all'istituto della potesta'
genitoriale  per affermarsi in via presuntiva che e' sempre interesse
del  minore tornare col padre legittimo, anche quando questo padre si
e'  sempre  disinteressato  del  minore,  e  per  il  solo  fatto che
inopinatamente  per  la  morte dell'altro genitore la sua potesta' e'
tornata  ad  estendersi,  quando  invece  le  indicazioni concrete (a
cominciare  dai  desiderata  del  minore,  nonche' dei fratelli ormai
maggiorenni  che  pure  sono  stati  sentiti e dovrebbero ora rimaner
separati   dopo  tanti  anni  di  convivenza  da  N.),  indicano  che
l'interesse del minore e' quello di continuare a vivere nel nucleo P.
in cui egli vissuto fin da piccolo).
    Se dunque - come si e' prima sostenuto - si deve partire dal dato
giuridico  dell'interesse del minore, e' chiaro che un rientro presso
il  padre  legittimo  sarebbe  conforme  a  legge,  ma  finirebbe per
pregiudicare   queli   equilibri   affettivi,   l'educazione   e   la
collocazione sociale del minore.